Istrorumeno ieri, oggi e domani

Aspetti sociali, economici ed ecologici della storia degli istroromeni.

 Articolo del cav. Uff. dott. Ervino Curtis
Presidente dell’Associazione italo-romena Decebal – Trieste - Italia

Il piccolissimo popolo degli istroromeni è stato trattato da diversi studiosi romeni nel passato a partire da Ioan Maiorescu che fu il primo a scoprirli per arrivare alla opera più vasta e completa opera del grande Sextil Puscariu nella prima metà del 1900. Senza poter citare tutti gli autori e studiosi ricordo senz’altro tra quelli attuali il prof. Richard Sarbu, il prof. Petru Neiescu, in Romania ed il prof. Augustin Kovacec in Croazia con cui ho avuto diversi contatti. Dopo la prima conferenza internazionale, tenutasi a Trieste dall’Associazione italo-romena Decebal nel 1996 e le numerose testimonianze di storici, studiosi, linguisti e grazie all’opera costante dell’entusiasta presidente dell‘Associazione Andrei Glavina, dott. Ratiu, sarebbe importante voltare pagina e dare piena dignità, nella multiculturale Istria, ricca di importanti culture come quella croata, italiana e slovena, anche a questa cultura minore che non rappresenta una minoranza etnica ma una testimonianza storica e culturale e che in se ha fuso ed sviluppato le altre culture, pur conservando la memoria storica delle sue origini. Senza una tradizione propria letteraria, le conoscenze e gli studi su questo popolo si basano essenzialmente sulla lingua, sui costumi e sulle letterature degli studiosi degli altri popoli vicini o lontani che hanno avuto l’interesse o la sensibilità di conoscere ed apprezzare gli istroromeni.

In questo mio scritto cercherò di sottolineare alcuni aspetti meno evidenti della storia degli istroromeni e pertanto nel rileggere i testi che parlano di loro cercherò di rappresentare alcune prove di come la società istroromena si sia integrata nel territorio, lo abbia conservato e valorizzato dal punto di vista sociale, economico ed ecologico, Prendiamo infatti l’aspetto economico.

La tradizione popolare triestina dice “cicio no xe per barca” (dal dialetto triestino = la persona non è adatta alla vita sul mare), stando a significare che l’ambito economico degli istroromeni, le loro professionalità ed esperienze non erano legate alle attività che più si facevano sulla costa istriana. In realtà il termine non è offensivo ma neppure sviluppa un concetto positivo sugli istroromeni in prima analisi, poiché esprime la non abilità del ciccio a fare un certo lavoro.

Nello stesso tempo questo detto popolare certifica il fatto che molti cicci (cicci e/o ciribiri sono chiamati popolarmente gli istroromeni) abbiano provato ad andare per barca e cioè a lavorare anche sulla costa istriana. Le testimonianze storiche in questo caso coincidono con quelle derivanti dalla tradizione popolare.

Ricorda il Kandler infatti “il cicio davasi sovratutto al trasporto del sale dall’Istria marittima al carnio“. Ma poi continua elencando i prodotti che venivano commerciati dai cicci: carbone, doghe in legno, lavori in legno, lana, aceto di puro vino che veniva venduto in tutto l’impero austriaco. Nel contempo gli istroromeni erano impegnati nei grandi lavori pubblici che venivano fatti proprio qui a Pola. [1]

Il prof. Kovacec riferisce che gli istroromeni lavoravano a Fiume nel porto, nei cantieri e nelle carpenterie di ferro [2] ed anche ad Abbazia. [3] Mentre nell’Istria si dedicavano all’allevamento del bestiame, alla pastorizia, all’agricoltura ed alla lavorazione del legno. Nel passato avevano trasformato la loro esperienza di conoscenza delle strade come pastori diventando anche dei veri e propri trasportatori di merci e commercianti ( carne, piombo, pellame, cera e sale ).[4]

Anche il prof. Urbas ricorda come i cicci fossero abili nella fabbricazione di doghe per botti, marmi.[5]

Per quanto riguarda le doghe per le botti, il carbone, ed i lavori in legno e le capacità commerciali la testimonianza visiva ci viene dalle otto stampe che si trovano nella raccolta del Farolfi che ritraggono proprio i cicci con queste mercanzie.[6]

De Franceschi invece riferisce del lavoro subordinato che veniva effettuato dai cicci per i principi d’Auersperg falciando i campi dei loro possedimenti istriani.[7]

Puscariu, inconsapevolmente smentisce il detto popolare "cicio non xe per barca", elencando tra i mestieri degli istroromeni anche quello dei marinai e fuochisti sulle navi.[8]

Lo stesso prof. Kovacec conferma che diversi istroromeni si imbarcano su battelli italiani.[9]

Che dire inoltre delle loro capacità militari sancite anche dai 23 articoli del Diritto valacco che Giovanni Frangipani concede nel XV secolo ai morlacchi che si erano già distinti nelle guerre in Serbia contro i turchi e contro Federico Barbarossa e che vengono da lui inviati a presidiare e colonizzare i propri possedimenti istriani.[10]

Naturalmente le specialità professionali degli istroromeni, ben conosciute da tutti, sono sempre state la pastorizia e conseguentemente la produzione di formaggi e la produzione del carbone vegetale.

Ma a questo proposito rimando gli interessati alla lettura dei due testi inviati da Andrei Glavina al prof. Viciu nel 1904 che descrivono questi due mestieri e che sono riportati da Puscariu nella sua opera e che per questa occasione sono stati tradotti dal testo romeno in italiano.

Tutte queste testimonianze certificano una certa vivacità imprenditoriale degli istroromeni che si sono adattati ed integrati nella situazione istriana contribuendo anche loro in maniera significativa allo sviluppo economico.

Esistono però anche periodi di crisi economica che hanno investito anche questo popolo privandolo per due volte del proprio hinterland e dei propri commerci. La prima con la conquista napoleonica e la seconda con la prima guerra mondiale e che hanno obbligato parte dei cicci a cercare di sopravvivere praticando il contrabbando ed il brigantaggio su quelle strade, in parte da loro stessi costruite, considerate da secoli un bene comune degli abitanti dell’Istria ed improvvisamente ripartite in diverse entità statali.

A questo proposito sempre il Kandler, a fronte delle repressioni poliziesche, considera queste "straderie" più una braveria che un delitto e ritenendo che i cicci fossero anche un comodo capro espiatorio afferma che “l’educazione di un popolo abbandonato del tutto, il promuoverne l’economia, sarebbe stato miglior modo che il terrore disgiunto da giustizia". [11]

Parlando della lingua il prof. Kovacec afferma che l’istroromeno in 3 secoli di contatti con il croato gode di un prestigio particolare.[12] Ma questo concetto possiamo anche trasferirlo all‘intero popolo poi che il prof. Urbas parla di una struttura fisica forte e sana.[13]

Kandler ricorda che non hanno avuto mai un medico o spezierie ma neppure malattie. [14] Anche queste ragioni portano a due aspetti importanti nello sviluppo sociale del popolo istroromeno.

Ai matrimoni misti sempre più frequenti soprattutto con i croati ed al fenomeno dei trovatelli ricordato da Ioan Maiorescu.

Nel 1857 quasi 300 trovatelli dell’Istituto dei poveri di Trieste sono accolti presso le famiglie istroromene.

Il commento di Maiorescu è emblematico: in nessuna parte dell’Istria la gente è invogliata di occuparsi con l’educazione come i romeni che crescono e raccolgono i frutti dei plutocratici triestini. La posizione del luogo lontano da Trieste e che è come un nascondiglio isolato. La costituzione fisica, forte e sana di questi romeni le loro belle caratteristiche, il loro spirito vivace ed ingegnoso sono gli elementi che fanno si che siano affidati loro questi bambini. Ricorda infine l’autore romeno che di questi trovatelli la cui piccola retta è pagata dall’istituto triestino solo fino all’età di 10 anni: la maggior parte di loro rimangono tra i romeni senza che vengano a conoscenza mai della loro origine.[15]

Sul piano culturale ricordiamo che la prima scuola è quella di Valdarsa nel 1922 ma nonostante ciò il prof. Urbas, 30 anni prima, dichiara che i cicci parlavano diverse lingue [16] ed il prof. Kovacec precisa che tutti parlano L’istroromeno, il Croato, molti l’italiano e diversi lo sloveno.[17]

Forse l‘aspetto meno considerato degli istroromeni è stato sul piano ecologico dove le loro attività hanno garantito in cicceria un equilibrio dell’ecositema. La testimonianza di ciò la troviamo nello scritto di Loris Dilena che parla della cicceria come un “oasi incontaminata dove si può ancora percepire la congiunzione della natura con l’universo che ci circonda”. [18] E citando la ricchissima fauna e flora ricorda che la prima è sopravvissuta proprio grazie agli stagni artificiali che venivano fatti dai cicci per i loro greggi in una regione povera di acqua e la seconda derivò a seguito di un’azione molto attiva di pascolamento esercitata su superfici strappate al bosco. [19]

Il concetto è confermato da Franco Juri Sankovic che dice che i gruppo dei cicci si insediò nei folti querceti del monte Sisa, dove con una tenace opera di disboscamento strapparono alle terre dell’altopiano coperte da fitta vegetazione, lembi di pascolo su cui fare sopravvivere le proprie greggi.[20]

D’altra parte Luigi Perentin conferma come le attività economiche degli istroromeni non abbiano in alcun modo alterato in maniera negativa l’ambiente poiché a proposito delle carbonaie i cicci osservavano le leggi e tramite l’esperienza rispettavano il legname vivo del bosco ben sapendo che le ceppaie rinascono dopo 3 anni ed il bosco torna ed essere sfruttabile a carbone dopo 15 anni.[21]

In conclusione voglio far presente che con il dualismo che caratterizza 1’umana vita anche nelle vicende storiche degli istroromeni si possono cogliere il giorno e la notte, il bene ed il male ma consentitemi, in questa trattazione di essere stato un po’ ottimista e partigiano e vedere il bicchiere della loro storia come mezzo pieno e non mezzo vuoto.

Infatti poche migliaia ( ora qualche centinaio) di persone non possono che essere guardate dai studiosi e dagli storici con simpatia ed interesse come un laboratorio culturale ed una ricchezza da coltivare e preservare.

Dei 6.600 idiomi parlati nel mondo, 3.000 sono destinati a morire tra un secolo, prendiamo l’impegno davanti alla storia di salvare l’istroromeno.

Articolo del cav. Uff. dott. Ervino Curtis
Presidente dell’Associazione italo-romena Decebal – Trieste - Italia

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  1. “Storia cronografica di Trieste di Pietro Kandler” di Vincenzo Scussa - Ed. Italo Svevo - Trieste - 1986 (pag. 233 e segg.)
  2. “Descrierea istroromanei actuale” di August Kovacec - Ed. Academiei Republicii Socialiste Romania - Bucuresti - 1971 ( pag. 23 e segg.)
  3. “Les differences lexicales entre l’istrorumain du nord et l’istrorumain du sud” di August Kovacec - Studia romaniaca et anglica zagrabiensia, XXVI (1-2) - Fi1ozofski Fakultet - Zagreb - 1981 (pagg. 81 e 82)
  4. ”Descrierea istroromanei actuale” di August Kovacec - Ed. Academiei Republicii Socialiste Romania - Bucuresti - 1971 ( pag. 23 e segg.)
  5. Cici si tara lor” prof. Wilhelm Urbas - Conferenza al Liceo di Trieste nel 1884 - Zeitschrift des Deutschen in Oesterreichische Alpen - Vereins - Salzburg -1884 Traduzione di I. Moisil - Bu1etin Societatii Regale Romane de Geografie - Tomul X LI -1922 - Bucuresti - 1923.
  6. “Catalogo delle stampe triestine dal XVII al XIX secolo” di Fiorello Farolfi - Ed. Parnaso - Trieste - 994
  7. I castelli della VaI d’ Arsa” di Camillo De Franceschi (pag. 4)
  8. “Studii istroromane” di Sextil Puscariu - vol. II - Ed. Cultura Nationala - Bucuresti - 1926 (pag. 8 e segg,.)
  9. “Linguistica XXXII” - Paulo Tekavcic Sexagenario in honorem oblata II - di August Kovacec - Ljubljana - 1992 (pag. 170)
  10. “Studii istroromane” di Sextil Puscariu - vol.1I - Ed. Cultura Nationala - Bucuresti -1926 (pag. 8 e segg,.)
  11. “Storia cronografica di Trieste di Pietro Kandler” di Vincenzo Scussa - Ed. Italo Svevo -Trieste -1986 (pag. 234 e segg.)
  12. “Certains modifications grammaticales et semantiques des quantitatifs et qualificatifs istroromains dues a l’inf1uence croate” di August Kovacec - Studia Romanica et Anglica Zagabriensia 23/1967 - Zagreb Filosofski Fakultet (pag 195)
  13. “Die V olkstamme im Gebiete von Trieste un in Istrien” prof. Urbas Wilhelm - Jahresbericht ueber die Deutsche Staats - Oberschule in Triest - 1888/1889 (pag. 21)
  14. ’Storia cronografica di Trieste di Pietro Kandler” di Vincenzo Scussa - Ed. Italo Svevo - Trieste -1986 (pag. 233 e segg.)
  15. “Itinerario in Istria e vocabolario istroromeno” di Ioan Maiorescu - traduzione in italiano di Elena Pantazescu - Ed. Parnaso -Trieste - 1996 (pag. 71 e segg.)
  16. “Die Volkstamme im Gebiete von Trieste un in Istrien” prof. Urbas Wilhelm - Jahresbericht ueber die Deutsche Staats - Oberschule in Triest -1888/1889 (pag. 22)
  17. “Descrierea istroromanei actuale” di August Kovacec - Ed. Academiei Republicii Socialiste Romania - Bucuresti - 1971 ( pag. 13 e segg.)
  18. “L‘Istria attraverso la natura” di Loris Dilena - IRCI - Ed. ltalo Svevo -Trieste -1993 (pag. 24)
  19. idem (pag. 28)
  20. “Etnie” bimestrale nr. 4/1982/ anno III - Articolo di Franco Juri Sankovic
  21. “Incontri con l’Istria la sua storia la sua gente” vol. II di Luigi Perentin - Centro Culturale Gian Rinaldo Carli - Trieste -1991

Tratto da:

  • Revista AGERO, Stuttgart - https://www.agero-stuttgart.de

Main Menu


This page compliments of Antonio Dianich

Created: Friday, December 02, 2005; Last Updated: Sunday, May 29, 2022
Copyright © 1998 IstriaNet.org, USA